Il libro analizza alcuni aspetti della volontà criminosa nell’esperienza giuridica romana fra la fine della repubblica e il principato. Partendo dall’esame di tre documenti, un’orazione di Catone il Censore, una controversia della silloge senecana e un provvedimento degli imperatori Marco Aurelio e Commodo, esamina come accade che sia valutata la mera manifestazione, verbale o scritta, della volontà criminosa non seguita da un’attività diretta ad attuarla, per soffermarsi, infine, sulla responsabilità del folle autore di un crimine.